Premessa
volenti o nolenti, tutti noi facciamo parte di un sistema. Un sistema interdipendente fatto di relazioni e di interazione.
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La nostra famiglia è un sistema.
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L’azienda in cui lavoriamo è un sistema.
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La relazione tra due persone è un sistema.
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La società in cui viviamo è un sistema.
Noi siamo una componente di questi sistemi.
Ogni componente di un sistema può influenzare reciprocamente gli altri componenti e il cambiamento di un elemento apporta un cambiamento del sistema stesso.
Quando il sistema vede minacciato il proprio equilibrio, tende a rinforzare le dinamiche che hanno generato la sua organizzazione per ripristinarne la stabilità e garantirne la sopravvivenza.
Ogni scelta che noi facciamo, quindi, non solo influenza il sistema con il quale interagiamo, ma influenza anche i sistemi più grandi, con i quali non abbiamo un diretto contatto.
Alla luce di questa premessa non è più così ambizioso affermare:
io posso cambiare il mondo.
Peccato che molti di noi non abbiano ancora realizzato quanto sia grande il potere che abbiamo di incidere sulla realtà che ci circonda, di modificare aspetti della vita sui quali siamo convinti di non poter agire e di interrompere quelle dinamiche che ci impediscono di prendere il largo e di realizzare le nostre aspirazioni.
Sappiamo quale sia l’effetto che alcune persone hanno su di noi, eppure, nonostante tutto, permettiamo loro ancora di incidere negativamente sulla nostra vita, di condizionare le nostre decisioni, di soffiare costantemente sulla fiamma delle nostre ambizioni fino a spegnerla.
Ai nostri occhi sono spesso la causa di tutti i nostri mali e non ci accorgiamo che, lentamente, diventano il miglior alibi nel quale nascondere i tentativi che non facciamo.
Ne sono convinto.
Tanti di noi sono ancora seduti dietro un banco in attesa di un voto.
In attesa di sapere se siamo buoni o cattivi
Cime o somari
Intelligenti che non si applicano o mediocri volenterosi
Siamo in attesa di sapere
se siamo l’orgoglio dei nostri genitori
o la loro dannazione
quello che volevano
o quello che è arrivato
sempre nell’ansia di capire se a loro va bene quello che siamo diventati
o se non saremo mai ciò che si erano immaginati
Continuiamo a dare agli altri il potere di influenzare le nostre scelte
di frenare i nostri slanci, di alimentare le nostre paure
Un potere che senza il nostro consenso non potrebbero esercitare
Vuoi l'autonomia?
Bene, l’autonomia è l’insieme delle regole all’interno delle quali forgi te stesso e che segna il confine entro il quale sei tu che scegli.
Autonomia deriva dal greco autò-nomos e letteralmente significa “legge propria”.
Dov’è allora la tua legge? Dove sono le tue regole? Dove sono i tuoi no?
Traccia il perimetro
Solca una trincea se necessario
Cambia la tua modalità di interazione con chi esercita su di te il potere che continui a conferirgli.
Devi cambiare tu, solo così cambierai il sistema e l’equilibrio di queste relazioni.
“Ognuno costruisce la realtà che poi subisce”
Con le tue modalità di interazione, infatti, stai contribuendo a mantenere lo status quo che tanto desideri cambiare e anziché stoppare questo circolo vizioso, lo alimenti.
Non serve a nulla aspettare che le cose cambino perché il sistema non ha alcuna intenzione di cambiare.
Continuiamo a evitare di prendere decisioni, o meglio, decidiamo di lasciare le cose come stanno, procrastinando ogni possibile altro tentativo di cambiare la situazione.
Scegliamo di essere spettatori apatici della nostra vita, accontentandoci al massimo di recitare un ruolo da comparsa.
Le conseguenze di questo atteggiamento passivo ed evitante possono essere, per esempio, il calo della fiducia in noi stessi e il progressivo ingigantimento di paure che non abbiamo affrontato quando ancora erano piccole.
Qual è il tuo copione?
Sei attore o spettatore nella tua vita? Protagonista o comparsa?
È sempre una questione di scelta.
Quale ruolo interpreti e, di conseguenza, quale copione reciti all’interno dei contesti in cui vivi?
Attenzione, non sto assolutamente dicendo che fingi, ma semplicemente che metti in atto dei comportamenti differenti a seconda dei contesti in cui ti trovi a interagire.
È naturale.
Questi comportamenti sono influenzati, per esempio, dalle regole differenti da seguire in un luogo rispetto ad un altro, dai feedback che ricevi dalle persone in una determinata situazione, dall’opportunità di far emergere alcuni lati di te in una dimensione piuttosto che in un’altra.
Noi recitiamo un copione in base al ruolo che interpretiamo, consapevolmente o inconsapevolmente, in un determinato contesto che altro non è che una sorta di palcoscenico (Modello drammaturgico di Goffman).
Nel mio percorso di crescita ho trovato particolarmente affascinante ed efficace l’approccio utilizzato in azienda e in psicoterapia dal professor Giorgio Nardone, ideatore del Problem Solving Strategico.
Ho avuto modo di frequentare la scuola di counseling strategico di Arezzo e di applicare il modello su me stesso.
Da dove possiamo cominciare a modificare il nostro copione se questo copione non è funzionale ai nostri obiettivi?
All’interno del copione esistono quelle che nel Problem Solving Strategico vengono definite “le tentate soluzioni disfunzionali” ovvero tutti quei tentativi o strategie che hai messo in atto per provare a modificare la situazione, ma che si sono rivelati fallimentari.
Il primo passo, quindi, è partire da tutto ciò che non ha funzionato.
Individua tutti i tentativi fatti, i comportamenti messi in atto che non hanno prodotto i risultati desiderati.
È importante indagare a fondo su questo aspetto perché da questa analisi possono emergere soluzioni che in passato hanno funzionato e che potrebbero essere riproducibili o soluzioni alternative che non abbiamo mai preso in considerazione.
In questa direzione risulta molto efficace una domanda, conosciuta come tecnica del come peggiorare:
“se volessi volontariamente far peggiorare la situazione, anziché migliorarla, come potrei fare?”
La logica paradossale di questa domanda è quella di stimolare il senso di avversione verso i tentativi fallimentari che potrei reiterare o mettere in atto e di prenderne quindi le distanze. Non solo
La mente, svincolata dalla ricerca volontaria di una soluzione sarà più libera di sviluppare un processo creativo spontaneo e più efficace.
Quando pensi di non avere scelta, molto probabilmente ti stai concentrando solo sulle scelte “facili” o, comunque, solo su quelle che conosci e che continui a mettere in atto anche se non funzionano.
Il cambiamento, anche quando è quello che auspichiamo, presenta sempre lati oscuri e ignoti che sollecitano la nostra paura di soffrire.
Tuttavia, una frase attribuita a Buddha recita così:
Il cambiamento non è mai doloroso, solo la resistenza al cambiamento lo è.
Personalmente conosco molto bene la situazione.
La soluzione ideale sarebbe quella di realizzare le nostre aspirazioni e i nostri sogni senza alterare gli equilibri sui quali si poggia la nostra vita e senza intaccare, così, quella famosa zona di comfort di cui chissà quante volte hai sentito parlare e che altro non è che l’insieme delle nostre abitudini, sane o nocive.
Alterare lo status quo, molte volte, rappresenta un costo che pochi sono disposti a sostenere e, piuttosto, continuiamo a seguire strade tracciate da altri che ci portano sempre più lontano da noi.
Preferiamo una sofferenza che abbiamo imparato a gestire a una possibile felicità che non sappiamo quali effetti collaterali possa presentare.
Non è facile rompere il circolo vizioso che si è creato in determinate relazioni, soprattutto quando parliamo di persone a noi molto vicine e molto care.
Questo però, non deve diventare l’alibi dietro il quale nasconderci, perché deresponsabilizzarci è la strada migliore per arrivare alla mediocrità.
Tu, invece, che sei un sognatore sveglio, puoi ambire a modificare il sistema, a realizzare te stesso e cambiare il mondo.
Il tuo mondo.
Angelo Ricci
“Ho visto sogni che voi umani potreste realizzare”.
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